Lo studio ha riguardato sia i Lepidotteri Ropaloceri (con antenne a clava), che gli Eteroceri (antenne con foggia diversa). I primi comprendono le farfalle diurne, quelle che tutti noi siamo abituati a vedere nei prati durante la stagione favorevole. Agli altri, invece, vanno ascritte le cosiddette falene, principalmente crepuscolari o notturne e che costituiscono, come numero di specie, la maggior parte dei Lepidotteri conosciuti. Le ricerche, promosse dal WWF, si sono svolte dal 1997 al 2000.
CONTINUA A LEGGEREMaggiori notizie su Le Bine e zone limitrofe vi sono dal Medioevo, quando nei territori limitrofi allâodierna Riserva naturale nacquero centri religiosi come il Monastero di S. Tommaso in Acquanegra sul Chiese e a Calvatone il Monastero dei Francescani minori osservanti di S. Maria.
CONTINUA A LEGGERENatura, biodiversità e scienza sono il tema principale delle nostre attività , impostate in maniera differente a seconda delle diverse fasce d'età .
CONTINUA A LEGGEREVedere da vicino, in tutta sicurezza, un'ape al lavoro e, poco dopo, assaggiare il loro miele? E' quello che proponiamo in questo laboratorio, da fare in primavera o settembre, in cascina a Le Bine.
CONTINUA A LEGGEREQui trovi la check list dei Mammiferi a cura di Franco Aceto, Andrea Agapito Ludovici, Marco Cantini, Francesco Cecere, Fulvio Marchetti, Enrico Ottolini, Elisabetta Quarenghi
CONTINUA A LEGGEREQui trovi la check listi degi Anfibi e dei Rettili a cura di Andrea Agapito Ludovici, Marco Colli, Vincenzo Ferri, Rita Mabel Schiavo.
CONTINUA A LEGGERELa palude di Le Bine è stata oggetto di due indagini sugli aspetti idrobiologici:
CONTINUA A LEGGEREUna passeggiata che unisce natura e uso dell'italiano e delle "parole difficili"
CONTINUA A LEGGEREUna visita nella Riserva si può trasformare in un’ottima occasione per scoprire il mondo naturale con un approccio legato al mondo delle favole.
CONTINUA A LEGGERELa flora e la vegetazione di Le Bine sono state oggetto di studio e monitoraggio fin dal 1984, attraverso censimenti floristici, secondo l’inquadramento sistematico del Pignatti (1982) e l’utilizzo del metodo fitosociologico per il rilievo della vegetazione (Braun-Blanquet, 1979). Il monitoraggio delle dinamiche evolutive è stato anche assicurato dalla definizione di 23 quadrati permanenti (aree di superficie nota dove periodicamente vengono svolti rilievi, molto utili per valutare l’evoluzione della vegetazione negli anni), di superficie compresa tra 25 e 1.100 mq distribuiti nella Riserva. I quadrati permanenti sono stati rilevati 1-2 volte per anno, sempre nello stesso periodo (a maggio e ad agosto-settembre) per evitare sfasamenti fenologici che possano determinare differenze significative. Nella Riserva sono ad oggi state censite 329 specie di piante vascolari; nel 1999 e 2000 sono state rilevate 291 specie, di cui 31 rinvenute per la prima volta, mentre non sono state rilevate 70 specie di quelle censite nelle ricerche precedenti. Si stima che circa il 60% di queste sia da attribuire a difetti di ricerche, mentre il restante 40% potrebbe non essere più presente a Le Bine.
CONTINUA A LEGGEREL'agriturismo Le Bine si trova all'interno dell'ominima riserva naturale ed Oasi WWF, l'ingresso è sempre aperto, libero e gratuito per fare passeggiate nell'area protetta. Come agriturismo offriamo:
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– Agapito Ludovici A., 1982 – Osservazioni naturalistiche all’Oasi WWF di Le Bine (CRMN). La Rana di Lataste (Rana latastei). Quad.1/82. WWF Lombardia Milano. 1-3.
– Agapito Ludovici A., 1987 – Anfibi e rettili. In: Agapito Ludovici A., Marchetti F., Seghetti C., 1987: Le Bine. Studi e ricerche (1980-86) – Quad.4/87. WWF Lombardia Milano: 1-128.
– Agapito Ludovici A., Colli M., 2000 – Status della popolazione di Rana latastei nella Riserva naturale Le Bine (CR-MN). In: Atti I Congresso nazionale Società Herpetologica Italiana (Torino, 1996). Museo regionale di Scienze Naturali, Torino: 721-725.
– Cecere F., Ghidoni M., Perlini S., 2001 Azioni del Parco Oglio Sud per la conservazione della rana di Lataste Rana latastei. Atti 3° Congresso nazionale S.H.I. (Pavia, 2000), Pianura, 13: 189-191.
– Ferri V., 1990 – Relazione sullo status degli anfibi nella Riserva naturale Le Bine: 1-29 (ined.).
– Ferri V., Agapito Ludovici A., Schiavo R.M., 1992 Problematiche di gestione delle popolazioni di Rana latastei delle riserve naturali lombarde di Monticchie e Le Bine. Quad. Civ. Staz. Idrobiol., 19. Milano: 131- 139.
Scoprire il mondo naturale imparando a leggere una carta topografica e ad usare una bussola.
CONTINUA A LEGGEREQuante tracce riuscite a trovare nel prato? E quanti canti....
CONTINUA A LEGGEREQui trovi l’elenco floristico delle piante vascolari aggiornato al 2002 a cura di Andrea Agapito Ludovici, Marco Colli, Franco Zavagno
CONTINUA A LEGGEREQui trovi la check list dei molluschi a cura di Andrea Agapito Ludovici
CONTINUA A LEGGEREQui trovi la check list dei Coleotteri Carabidi a cura di Antonella Maggioni e Stefano Rancati
CONTINUA A LEGGEREQui trovi la check list dei Lepidotteri a cura di Lorenzo Pizzetti aggiornata al 2001.
CONTINUA A LEGGEREQui trovi la check list dei Pesci a cura di Andrea Agapito Ludovici, Francesco Cecere, Roberto Furlani, Carlo Lombardi, Fulvio Marchetti
CONTINUA A LEGGEREPremessa Sono note oltre 9.600 specie (Sibley e Monroe, 1990) che hanno colonizzato praticamente tutti gli ambienti terrestri e costieri del pianeta. È uno dei gruppi di vertebrati maggiormente studiati soprattutto in Europa e attualmente è possibile avere delle attendibili check-list nazionali con indicazioni degli andamenti delle popolazioni specifiche. Inoltre l’analisi della comunità ornitica può dare delle buone indicazioni sullo stato di conservazione e sulla gestione di un’area. In Italia sono presenti 500 specie, comprese 33 introdotte, 33 accidentali e 39 esotiche importate (Brichetti e Massa, 1999) alcune delle quali sedentarie, mentre molte altre sono presenti per periodi limitati (riproduzione, svernamento, migrazione, estivazione, presenza accidentale). A Le Bine gli studi sono cominciati negli anni ’70 con soli censimenti qualitativi per poi essere integrati da altre metodologie che hanno permesso la definizione di un quadro abbastanza preciso dell’evoluzione della comunità. Dal 1999 è stata avviato un progetto di monitoraggio, ancora in corso, mirato alla comunità dei nidificanti. Dal 2007 al 2013 si è aggiunto uno studio basato sull'inanellamento. In inverno Le Bine viene censita grazie allo specifico progetto sul censimento degli uccelli svernanti coordinato dal Parco Oglio Sud.
CONTINUA A LEGGEREIn Italia sono presenti 37 specie di anfibi e 58 di rettili, costituendo un piccolo gruppo poco conosciuto al grande pubblico cui anzi spesso suscita paura e diffidenza. Tra questi vi è la rana di Lataste, specie endemica della pianura padano-veneta, segnalata dall’Unione Europea come specie da tutelare mediante azioni specifiche, e scelta anche come simbolo della Riserva dato il carattere emblematico e peculiare che riveste ai fini conservazionistici. La presenza di una abbondante popolazione di questo anfibio era stata messa in luce negli anni ’70 prima da una pubblicazione del WWF Lombardia (Agapito Ludovici, 1982) e successivamente da un volume edito in Gran Bretagna sullo stato degli anfibi e rettili in Europa (Corbett, 1989). Gli anfibi e rettili sono stati oggetto di diverse indagini specifiche soprattutto in relazione alla rana di Lataste Rana latastei. Sono state utilizzate diverse metodologie di ricerca tra cui l’ascolto del canto per alcuni anfibi e i censimenti a vista.
CONTINUA A LEGGEREI ragni (Arachnida, Araneae) sono i predatori più diffusi nelle comunità di invertebrati terrestri (circa 50.000 specie descritte), hanno colonizzato tutti gli ambienti terrestri dove la vita per gli artropodi è possibile ed anche alcuni ambienti acquatici, dalle regioni artiche a quelle desertiche. Le ricerche, promosse dal WWF, si sono svolte dal 1998 al 2000.
CONTINUA A LEGGEREPer Hydroadephaga s’intende un gruppo di famiglie di Coleotteri del sottordine Adephaga, a vita prevalentemente acquatica. Le prime ricerche promosse dal WWF sono state avviate nel 1996 e proseguite fino al 2000.
CONTINUA A LEGGERELa malacofauna terrestre e d’acqua dolce italiana è composta da 618 specie, 594 delle quali appartenenti ai Gasteropodi e 24 specie ai Bivalvi (Manganelli et al., 2000). Rappresentano un gruppo faunistico ecologicamente (es. specie igrofile, xerofile, erbivore, detritivore, carnivore...) e biologicamente (es. specie vivipare, ovipare...) eterogeneo, che per questo ben si presta a fornire indicazioni di tutela e gestione ambientale. Nella Riserva naturale Le Bine sono state effettuate diverse indagini dal 1986 in poi.
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La maggior parte dei testi utilizzati in questo sito sono tratti dal volume "La Conservazione di una zona umida - la riserva naturale Le Bine, trent'anni di gestione (1972-2002)" a cura di Andrea Agapito Ludovici e Francesco Cecere. Edito dal Parco Oglio Sud in collaborazione con il WWF e con il contributo dell'Amministrazione provinciale di Mantova. Per riceverne una copia contattare Francesco Cecere, tramite l'apposito form di contatto.
Sono state inoltre utilizzate le schede e il materiale per la didattica e gli studi realizzati dopo la pubblicazione del volume.
In questa sezione abbiamo inserito alcuni articoli su Le Bine pubblicati sulla stampa locale.
CONTINUA A LEGGERELe attività di educazione ambientale a Le Bine sono state promosse inizialmente dal WWF che le ha gestite direttamente per quasi trent'anni. A partire dal 2003 queste sono promosse e gestite dall'azienda agricola Cecere con l'agriturismo Le Bine, in collaborazione con il WWF. Con il Parco Oglio Sud collobariamo nella progettazione e gestione di corsi di formazione per docenti e per incontri di presentaizone libri e seinsbilizzazione/informazione su temi a carattare naturalistico.
CONTINUA A LEGGERELa conservazione dellâambiente naturale palustre è il principale filo conduttore della tutela di Le Bine. Le numerose indagini svolte dalla fine degli anni settanta hanno consentito lâindividuazione dei cambiamenti ambientali in atto (estinzione di alcune specie e comparsa di altre, dinamiche di popolazione, ecc.) e delle caratteristiche ecologiche emergenti 20 . Fin dallâinizio è apparso chiaro che la conservazione del patrimonio biologico di questa palude, come per molte altre zone simili, fosse direttamente condizionato dal contesto territoriale in cui è inserita. Si tratta, infatti, di un lembo relitto nella Pianura Padana, uno dei territori maggiormente antropizzati dellâintera Europa. Lâisolamento, lâesiguità dellâarea naturale, le caratteristiche dinamiche ed evolutive tipiche delle zone umide (es. processi di interramento, esondazioni, ecc.) e lâinquinamento di specie esotiche invasive, sono tra le cause principali della vulnerabilità del patrimonio biologico di Le Bine.
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Aspetti geologici, pedologici, idrologici
Geologicamente la Pianura Padana è un bacino subsidente colmato con sedimenti prevalentemente terrigeni del Pliocene-Quaternario provenienti dall’erosione delle Alpi e degli Appennini. Nel contesto territoriale in cui è inserita Le Bine, sono state effettuate da parte dell’Agip, prevalentemente nel secondo dopoguerra (anni ’40-’50) molte perforazioni che hanno messo in evidenza una dorsale regolare, lunga 35 km, con asse orientato NO-SE con forte inflessione verso N-NO nella porzione occidentale e S-SE in quella orientale. Ciò potrebbe spiegare l’andamento attuale dell’Oglio nel tratto inferiore, sospinto ad est e subparallelo al Po. Dalla stratigrafia dei pozzi Piadena 5 e Piadena 18 si è potuto rilevare l’esistenza di una serie di grosse bancate sabbiose fino ad oltre 2.500 m di profondità, corrispondenti al Quaternario marino ed al Pliocene superiore. Dal Pliocene superiore a quello inferiore la serie risulta più varia, con prevalenza di livelli argillosi cui sono intercalati irregolari e discontinui livelli porosi. La zona in oggetto è interessata da alluvioni attuali e medio-recenti dell’Olocene costituite prevalentemente da depositi sabbioso-argillosi, con sporadiche intercalazioni di ghiaia, terrazzati e di poco sospesi sugli alvei attuali, tuttora esondabili. Dal punto di vista geomorfologico il territorio si presenta subpianeggiante, poco ondulato, leggermente degradante verso E o talora verso S-E. L’intera morfologia della zona in questione è dovuta all’incisiva azione del fiume Oglio (ed in parte del “canale” Delmona) che, seguendo un tipico andamento meandriforme, ha più volte cambiato il suo corso. La piccola parte di Riserva posta a sud dell’argine è caratterizzata da suoli moderatamente profondi a causa delle oscillazioni della falda intorno ai 100 cm, idromorfi, a drenaggio lento o molto lento; hanno buon contenuto di sostanza organica e sono poco evoluti, con scarsa differenziazione degli orizzonti. La restante zona, che fiancheggia la lanca all’interno dell’argine, è un’area golenale soggetta a periodiche inondazioni; i depositi sono calcarei, alcalini o subalcalini, con profili eterogenei, a granulometria variabile da limosa a sabbioso-limosa per il continuo apporto di sedimenti fluviali. I suoli sono profondi o moderatamente profondi, talvolta limitati da strati sabbiosi, drenaggio da buono a rapido; nei periodi di piena questi suoli possono essere interessati da una falda temporanea di subalveo. Il periodico apporto di sedimenti e la giovane età dei depositi non permettono lo sviluppo di orizzonti pedogenetici. Il livello delle acque della palude dipende essenzialmente dal fiume, che alimenta la zona umida attraverso alcune infiltrazioni sotterranee, favorite in alcuni punti dalla tessitura a strati del terreno. Appena sotto lo strato più recente di deposizione organica si alternano fasce a varia permeabilità: con prevalenza di sabbie, con sabbie miste ad argilla, con argilla, con sabbie miste a ghiaia. Rispetto alle esondazioni e alla loro probabile influenza sul patrimonio naturalistico della Riserva sono state avanzate alcune considerazioni. A partire dal 1993 si sono registrati cinque eventi alluvionali (1993, 1996, 1997, 2000, 2002) con intensità caratteristica di esondazioni che statisticamente ricorro-no con una frequenza superiore al decennio (il cosiddetto tempo di ritorno); si tenga inoltre presente che gli attuali regimi estivi di magra sono condizionati dall’abbassamento dell’alveo dell’Oglio testimoniato dall’emersione di parte delle fondamenta del ponte tra Calvatone ed Acquanegra sul Chiese. Questo aumento delle condizioni “estreme” tende a prolungare alcune condizioni sfavorevoli alla biocenosi palustre originaria: infatti, a seguito delle piene, i tempi d’inondazione si sono prolungati in ampie aree che precedentemente erano meno soggette a questo fenomeno; i periodi di magra sembrano prolungarsi e, a causa del letto del fiume più basso di quello della palude, tendono ad accentuare il drenaggio delle ac-que favorendo fenomeni di ruderalizzazione 7 soprattutto della vegetazione. Sembra che sia riferibile a queste condizioni idrologiche la ridotta ripresa del canneto (fragmiteto) avvenuta nel 2001 e la quasi totale scomparsa della vegetazione a Ceratophyllum demersum che si è registrata dal 1999: tale situazione sembra confermata dal fatto che alcuni stagni compresi nell’area protetta, ma situati oltre gli argini maestri e quindi fuori dal diretto influsso del regime fluviale, non presentano questi problemi.
Nota: Per ruderalizzazione si intende un fenomeno di degrado ambientale dovuto ad un’intensa attività umana e che provoca un impoverimento di sostanza organica; si tratta per lo più di piccoli incolti utiliz-zati per l’abbandono di materiale inerte (calcinacci e rottami di origine edile), dominati da una vegeta-zione avventizia, con specie infestanti e comunque sinantropiche.
Le più antiche attestazioni di una certa consistenza della presenza umana in Pianura Padana risalgono al V millennio a.C., quando, con l’età neolitica, si verificò il processo evolutivo che comportò il graduale passaggio da un approvvigionamento alimentare derivato dalla caccia e dalla raccolta dei frutti ad un’economia basata sull’agricoltura semistanziale e sull’allevamento.
In questa fase gli abitati di capanne, posti preferibilmente su bassi rilievi ricoperti da querceto misto, in prossimità di depressioni paludose e canneti, non costituivano probabilmente insediamenti stabili, ma avevano carattere temporaneo. Nella zona orientale della Pianura Padana si diffuse la Cultura del Vhò di Piadena, le cui attestazioni sono particolarmente significative nel cremonese e nel mantovano, in particolare nella zona di Piadena (CR), che ha dato il nome alla facies stessa, ove sono stati rinvenuti insediamenti neolitici in diverse località. La comparsa dei primi oggetti in metallo (piccoli coltelli ed asce) nel III millennio a.C. segna il passaggio al Calcolitico (o età del rame). In questo periodo ebbe luogo un ulteriore sviluppo della pastorizia e della coltivazione di frumento, farro, orzo, miglio. Rari sono i ritrovamenti di abitati pertinenti a questa età, mentre le documentazioni più cospicue derivano dallo scavo di sepolture. Proprio da una necropoli scoperta alla fine dell’Ottocento è derivato il nome della Cultura di Remedello, sviluppatasi tra i fiumi Oglio e Chiese. A questo orizzonte culturale è attribuibile la più antica testimonianza rinvenuta nel territorio di Calvatone: una tomba scoperta nel 1959 sotto il pavimento di una domus romana, usualmente indicata come “Casa del Labirinto”, all’interno della quale era deposto il defunto in posizione rannicchiata sul fianco sinistro, senza oggetti di corredo.