Oasi WWF

Una riserva naturale nata con un intervento artificiale… sembra un gioco di parole ma è la realtà. Infatti la zona umida che adesso è la riserva vera e propria, fino al 1750 circa era una parte del fiume che in questo tratto descriveva un largo meandro con poca corrente, dove il fiume tendeva ad impaludarsi. 

In quell'epoca le paludi erano considerate zone malsane, per cui il governo propose la rettifica del corso del fiume e la bonifica del meandro. Fu quindi dato l'avvio ad un importante opera di scavo del nuovo letto (quello che adesso si trova a monte del ponte fra Calvatone ed Acquanegra sul Chiese) per bypassare il meandro. Per nostra fortuna però non riuscirono a realizzare la bonifica del vecchio corso: nasce così la lanca o Oglio morto quella che adesso è la riserva naturale.

Il progetto di rinaturalizzazione
Negli ultimi 250 anni la palude è cambiata molto. Quello che era il corso del fiume pian piano ha acquisito le caratteristiche di una palude, permettendo l'insediamento di una ricca comunità animale e vegetale che ha portato prima all'istituzione di un'oasi di protezione dalla caccia, e poi della riserva naturale.
A partire dai primi anni '90 del secolo scorso, sono però emersi anche alcuni limiti, dovuti fra l'altro alla ridotta dimensione dell'area e dall'isolamento geografico, due fattori che limitano fortemente il regolare evolversi dei processi naturali e la possibilità di ospitare determinate specie. Nasce così il progetto di rinaturalizzazione che ha consentito l'ampliamento delle zone umide, delle fasce boscate e la riduzione dell'impatto ambientale delle colture. Nel 1995 è stato avviata la prima parte del progetto, su un'area di circa 6 ettari. Nel tratto dove passava il fiume è stato modellato uno stagno e attorno è stato realizzato un sistema di bosco e piccole radure.
Nel 2001/2002 è stata realizzata la seconda parte del progetto: in un'area di 2,5 ettari nei pressi della cascina, è stato amplianto il meandro, realizzato un ampio stagno e, nel 2003, un bosco.
Grazie a questo progetto, sono stati realizzati diversi boschi per una superficie di circa 50 ettari,  due grandi zone umide e due più piccole. 
Ci vorranno alcuni anni perché questi terreni si naturalizzino completamente, ma già molte specie nuove la frequentano e i primi rimboschimenti cominciano ad assumere l'aspetto di un giovane bosco.

Flora
Le zone umide sono degli ambienti in continua e costante trasformazione e gli studi realizzati e tuttora in corso a Le Bine hanno permesso di conoscere i cambiamenti succedutesi per più di 30 anni, e a verificare la presenza nell'area di oltre 300 specie di piante. Se fino a pochi anni fa era ben rilevabile la tipica successione vegetazionale delle lanche, caratterizzata da specchi d'acqua con ninfee bianca e gialla e la vegetazione sommersa, canneti a cannuccia di palude, tifa e cariceti a ridosso dei quali c'era una fascia di bosco igrofilo (saliceti ed alneti), in questi ultimi anni si è assistito ad una profonda alterazione della comunità vegetale che, ad oggi, appare molto semplificata e con un minor numero di specie rispetto al passato soprattutto per la sua componente più strettamente acquatica. In parte questa situazione è da attribuire dalle mutate relazioni tra il fiume e la palude: piene eccezionali si sono alternate in modo più frequente del passato con periodi di siccità altrettanto straordinari che hanno determinato stress prolungati nella zona umida. Inoltre l'esiguità dell'area e il suo isolamento sono altri aspetti che non aiutano la stabilità ecologica della riserva. Nell'area di rispetto vi sono superifici coltivate dove si cerca una compatibilità fra le esigenze produttive e quelle di tutela ambientale. Le Bine è una zona golenale, una delle più ampie zone di esondazione dell'Oglio, interamente circondata da un argine maestro (ne rimane fuori una piccola ma interessante porzione). L'argine maestro, rappresenta un vero e proprio habitat a se stante, presenta, infatti, alcuni aspetti caratteristici della vegetazione mediterranea, grazie ai suoi 4/5 metri dal piano campagna che ne favoriscono l'esposizione e il drenaggio determinando un microhabitat prevalentemente asciutto e xerico.

Fauna
La Pianura Padana ha subito una profonda trasformazione ambientale che ha portato alla quasi totale scomparsa di zone umide. In questo contesto la Riserva naturale Le Bine rappresenta un importante punto di sosta e rifugio per molti animali.
Infatti, gli studi promossi in questi anni dal WWF hanno permesso di accertare la presenza di oltre 800 specie di animali: dal colettero acquatico Ditiscus mutinensis di soli 3 cm, endemico della Pianura Padana, al tasso Meles meles, mustelide ormai raro in pianura. E' presente anche Lycaena dispar, una farfalla diurna, strettamente legata ad alcune specie di piante palustri ed inclusa dall'Unione Europea fra le specie prioritarie di conservazione.
In inverno, tra la nebbia, è facile osservare germani reali, alzavole, cormorani, o fitti voli delle pavoncelle sui campi, mentre in palude è possibile scorgere il tarabuso, un airone molto elusivo e dal piumaggio estremamente mimetico.
A metà febbraio gli aironi cenerini iniziano la costruzione dei nidi nella garzaia insediatasi nel 1995. Dalla prima coppia di allora si è giunti alle oltre 100 del 2020. Quasi in contemporanea, nelle fredde notti invernali, i maschi della rana di Lataste, specie prioritaria per la conservazione in Europa, si fanno sentire in acqua grazie al caratteristico richiamo, simile ad un acuto vagito.
E' però la primavera il periodo più movimentato dell'anno quando è possibile ascoltare usignoli, capinere, cannaiole, usignoli di fiume, rigogoli, raganelle... od osservare il via vai di aironi cenerini, falchi di palude, marzaiole e molti altri uccelli. In estate vi è un periodo di stasi, caratterizzato, ad esempio, dall'arrivo dei giovani di nitticora, che nidifica in colonie vicine o dalla dispersione nei boschi degli adulti di rana di Lataste. Con l'autunno invece iniziano le migrazioni dei limicoli e dei primi pettirossi.

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